Il ritmo della pizzica contamina gli States, e diviene collante culturale nelle comunità americane. I concerti del Canzoniere Grecanico Salentino toccano i principali Stati degli Usa, dal Wisconsin all’Illinois, da altri Stati del Midwest al Massachusetts. I musicisti percepiscono una grande voglia di partecipazione e di coinvolgimento, sulle note della musica popolare salentina. L’entusiasmo del pubblico fa riflettere sugli snobismi manifestati, al di qua dell’Atlantico, nel Salento, sulla cultura della Taranta. Ma il viaggio musicale prosegue, e porta la cultura salentina anche in Canada, dove ci saranno, tra gli altri, tanti italiani pronti a ballare a ritmo di tamburelli.
Varcato da poco il confine canadese, solo ora trovo il tempo di riflettere e scrivere qualcosa su questi giorni meravigliosi. Ci siamo lasciati dietro, con la consapevolezza di ritornarci tra una settimana, dodici giorni incredibili di tour negli Stati Uniti.
Atterrati a Madison (Wisconsin) dopo il successo a New York City, siamo saltati sul nostro enorme furgone (più una casa ambulante che un van) e abbiamo viaggiato per il Midwest, macinando miglia su miglia in un susseguirsi di strade, cieli e panorami diversi. Muoversi su strada ti da più la dimensione e la percezione del viaggio rispetto all’aereo. I paesaggi cambiano gradualmente; la partenza, il tragitto e l’arrivo sono ben distinti, fisicamente e soggettivamente, e non si perdono nella lettura di una destinazione sullo stesso tabellone luminoso che troviamo in tutti gli aeroporti del mondo.
Da Madison a Chicago (Illinois), a Saint Louis (Missouri), a Cedar Rapids (Iowa), a Bloomington (Indiana), poi in aereo a Boston (Massachusetts), e, tornati all’aeroporto di Chicago, le 10 ore che ci hanno permesso di varcare i confini canadesi.
Il Salento e la sua musica hanno conquistato Chicago, toccato le acque del Mississippi e risalito le terre un tempo degli Indiani d’America, con la stessa naturalezza e immediatezza con cui la pizzica entra nei cuori e nei corpi di chi la ascolta, toccando corde nascoste e ancestrali.
Il pubblico ci accoglie con grande entusiasmo, partecipa ballando e gridando, ascolta serenate o canti narrativi con attenzione e curiosità, persino commentando con sospiri o costernazione il racconto di una canzone che parla di un amore finito male!
Vedere l’attenzione e l’interesse che il pubblico americano dà alla comprensione dei testi e dei contesti della cultura musicale salentina, in modo da poter virtualmente entrare il più possibile in un mondo a loro lontano, mi fa pensare all’atteggiamento un po’ snob che ha una parte del pubblico salentino. “Basta, questa pizzica (o il più delle volte dicono taranta) ci ha stancato, non ne possiamo più” “che ci vuole a suonarla? Sono due accordi” e tanti e vari altri apprezzamenti sullo stesso genere. Il pubblico americano non perde occasione per avvicinarsi a noi dopo i concerti, farci domande sui canti, sugli strumenti tradizionali, sulla danza, sulle musiche, sui contesti e sulle nostre storie personali, semplicemente per saperne di più. È affamato di storie e di emozioni, intense e che facciano sognare…
La verità è che manca la voglia di approfondire e capire il grande patrimonio dei canti, le musiche e le danze di tradizione, soprattutto internamente al Salento. Fare musica popolare è come imparare un’altra lingua, comprendere un’altra cultura e i suoi contesti (persino se si è salentini), ma anche assimilarne i tratti fondamentali per poter creare qualcosa di nuovo e attuale conservando stilemi e colori propri della tradizione. È chiaro che non esiste nessuna ricetta infallibile o bacchetta magica, e che nessuno può ergersi ad erede o depositario della tradizione o peggio del nuovo corso della stessa, ma un atteggiamento umile, onesto e rispettoso è senz’altro doveroso.
Di questi giorni non dimenticheremo mai, tra gli altri, i concerti a Chicago e quelli a Bloomington in occasione del Lotus Festival.
Chicago è una città meravigliosa, unica. Una megalopoli capace di non opprimere, con grattacieli poggiati su fiumi che sfociano nell’immenso lago Michigan. Solare di giorno, luminosa di notte. La gente ha un grande spirito comunitario, quasi da super paesone più che da metropoli, e la World Music occupa luoghi e contesti centrali nella vita della città. Suonare all’Istituto di Cultura Italiana, alla Old Town School of Folk Music (pochi giorni prima di Pat Metheny!), in Radio (WBEZ) e al nevralgico Chicago Cultural Center, e vedere che la gente del primo concerto ci seguiva al secondo, poi al terzo e anche al quarto… non ha prezzo! Un successo incredibile e sorprendente, che ci ha fatto sentire importanti in un luogo tanto più grande di noi.
Bloomington è una città piccola nell’Indiana, ma il suo festival, il Lotus, è uno dei più belli che abbia mai visto. Centinaia di volontari prestano il loro aiuto, gruppi da tutto il mondo per una 3 giorni di concerti intensissima, con spettacoli in contemporanea in vari luoghi del paese. Sale comuni per gli artisti in cui potersi incontrare e suonare insieme, uno store con i CD e gli articoli di tutti i gruppi, folle di persone che si dirigono da un palco all’altro per assistere ai concerti di quante più band possibili, e in generale, un clima di festa e uno spirito di comunità e di voglia di socializzare unico ed irresistibile. Le persone ci seguivano dopo i concerti per strada per chiederci foto, autografi o semplicemente complimentarsi, e noi stessi ci mischiavamo alle “migrazioni” da un palco all’altro per vedere il gruppo Maliano piuttosto che quello Bulgaro o Colombiano. Fantastico.