Canzoniere Grecanico Salentino – Quaranta (Ponderosa Music & Art, 2015)
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La storia del Canzoniere Grecanico Salentino abbraccia passato, presente e futuro della scena musicale salentina, non solo per l’importanza centrale che ha rivestito a metà degl’anni Settanta nel dare la spinta propulsiva alla riproposta dei materiali tradizionali della loro terra, ma anche per aver influenzato in modo determinante le varie formazioni conterranee emerse negli anni successivi. Gli anni più recenti hanno visto Mauro Durante (voce, tamburi a cornice, percussioni e violino) raccogliere il testimone dal padre Daniele alla guida della formazione salentina, ed aprire un fase di rinnovata vitalità per il gruppo, insieme ad alcuni tra i più talentuosi musicisti salentini ovvero Emanuele Licci (figlio di un altro dei fondatori del gruppo Roberto Licci) (voce, bouzuki), Giulio Bianco (zampogna, flauto e basso), Maria Mazzotta (voce e tamburi a cornice), Massimiliano Morabito (organetto), Giancarlo Paglialunga (voce e tamburo a cornice) e Silvia Perrone (danze). La nuova line-up del Canzoniere Grecanico salentino, in breve tempo, si è così ritagliata un posto di rilievo nella scena della world music mondiale grazie agli apprezzatissimi “Focu D’Amore” del 2010 a “Pizzica Indiavolata” del 2012, e all’intensa attività live che li ha portati sui palchi di tutto il mondo, raccogliendo grande successo e recensioni lusinghiere di New York Times, New Yorker e Independent, tra gli altri. A tre anni di distanza dall’ultimo disco in studio, e in perfetta coincidenza con i festeggiamenti per i quarant’anni di attività ininterrotta del gruppo, il Canzoniere Grecanico Salentino, ritorna con un nuovo album intitolato semplicemente “Quaranta”, che lascia da parte ogni celebrazione autoreferenziale per costituire un’altra pietra miliare della loro storia, proponendo una perfetta commistione tra brani tradizionali e composizioni originali in cui si intrecciano impegno sociale e canzone d’autore. Abbiamo intervistato Mauro Durante per approfondire insieme a lui le ispirazioni, le fasi realizzative e i temi di questo nuovo lavoro.
A tre anni di distanza da “Pizzica Indiavolata” arriva “Quaranta” il disco che celebra i quarant’anni del Canzoniere Grecanico Salentino, come nasce questo nuovo album?
Il concept dell’album nasce da una riflessione sull’eredità del tarantismo, e sul concetto di Taranta. La taranta era quel demone zoomorfo, quel male di vivere, che dall’esterno entrava dentro di te attraverso il morso, impedendoti la felicità. Spesso era la personificazione di profondi malesseri sociali, sessuali e psicologici. Attraverso un complesso rituale fatto di musica, colore, danza, la comunità si riuniva accanto al tarantato, lo abbracciava in un cerchio simbolico e lo curava, permettendogli di esorcizzare i suoi demoni e riprendere la vita. Oggi il tarantismo non esiste più, ma in realtà non è il male di vivere, la taranta, ad essere morta, ma solo la terapia rituale. La taranta oggi ha assunto forme in parte diverse rispetto al passato, come la solitudine, la crisi, il rapporto con l’ambiente, l’incomunicabilità, le migrazioni vecchie e nuove, ma è più viva che mai. A non esserci più e quel dispositivo sociale sistematico, che permetteva a chi stava soffrendo di non essere abbandonato, ma anzi, di essere “reintegrato”. Quaranta canta questi nuovi demoni per esorcizzarli, e indica simbolicamente ancora la danza, il “ballare fuori” i propri demoni, come unica terapia possibile.
Rispetto al disco precedente, la prima cosa che colpisce è la tensione continua ad attualizzare la musica tradizionale, facendo diventare i vostri brani originali parte integrante di essa. Da dove nasce la scelta di imprimere un profilo più cantautoriale al vostro repertorio?
Per definizione la musica tradizionale è legata ad una funzione, risponde ad un’urgenza. Le persone cantavano quelle melodie e quei testi perché erano parte della loro quotidianità. Un gruppo come il Canzoniere, che ha un’identità legata ad un territorio e alla sua cultura, non può prescindere dal rapporto con il presente.
Come si è evoluto il sound del Canzoniere Grecanico Salentino rispetto a “Pizzica Indiavolata”?
Abbiamo lavorato tanto perché fin dalle prime note di un brano il nostro sound fosse molto caratterizzato, immediatamente riconducibile a noi. Abbiamo voluto creare un “marchio”, esaltando la particolarità dei nostri timbri vocali e strumentali. La base ritmico armonica è costituita dal tamburo, il bouzouki e l’organetto, più basso o moog. L’elemento melodico è portato dal violino, dall’organetto stesso o dai vari strumenti a fiato. Grande importanza hanno poi le voci e le armonizzazioni nei cori.
Come si sono svolte le sessions del disco?
Abbiamo registrato il disco in una masseria vicino Lecce, Tenuta Monacelli, in presa diretta, voci comprese. Un’atmosfera totalmente diversa da quella di una registrazione in studio. Eravamo all’aperto tra gli ulivi, o nell’ipogeo circondati da pietre vecchie di secoli. Niente cuffie o amplificazione, solo le nostre voci e i nostri strumenti.
Quanto è stata determinante la produzione di Ian Brennan?
Ian ha una grande esperienza internazionale, e ci ha aiutato molto perché la nostra musica arrivasse diretta, forte, senza filtri o sovrastrutture. Non si è occupato della composizione dei brani o degli arrangiamenti, ma del loro impatto complessivo. Da qui la scelta di un disco quasi interamente senza click e registrato in presa diretta pressoché integrale. Inoltre ha scelto un team di tecnici (per missaggio e masterizzazione) che hanno saputo esaltare i nostri brani con un suono molto intenso e potente.
Quali sono state le difficoltà che avete incontrato nella realizzazione di questo nuovo album?
Non è facile scrivere nuovi testi e nuove musiche che siano all’altezza di brani tramandati per secoli. Ma quando si crede in qualcosa è molto importante mettersi alla prova, e il risultato è che siamo molto orgogliosi di un disco che ci rappresenta appieno. Un disco che parla di noi e del nostro presente, con un linguaggio allo stesso tempo antico e moderno.
Il disco si apre con “Tienime Tata”, un brano dal testo molto profondo, in cui protagonista è un giovane costretto a lasciare la propria casa e la propria terra, alla ricerca di un futuro migliore. Cosa vi ha ispirato questo brano?
Basta aprire gli occhi e guardare ai nostri amici, parenti. Quanti sono in cerca di lavoro nonostante siano altamente preparati e specializzati? La generazione dei miei genitori e quella prima ha potuto beneficiare del proprio lavoro, dei propri talenti. Ha costruito una vita su quello. Oggi siamo senza certezze, senza punti di riferimento, e spesso lo staccarsi dai luoghi a noi cari, dalle famiglie, diventa l’unico sbocco possibile.
Sul versante dei brani tradizionali si spazia dal griko di “Rirollalla” alla tradizione di Carpino con “Ninna Nanna” fino a toccare il canto alla stisa di “Mara L’Acqua”. Come avete selezionato questi brani?
Scegliamo quei brani tradizionali che abbiano un significato importante per il presente, con temi universali o atemporali. Brani che sappiano esprimere con grande forza emozioni vive ancora oggi. “Rirollalla” è un canto d’amore, che comunica una grande gioia di vivere. “Ninna nanna” è l’abbraccio simbolico, triste e carico di amore, della madre al figlio. “Mara l’acqua”, che già nel titolo nega la vita con una forza impressionante, è una potentissima espressione del male di vivere, che è senza tempo. Un esempio di quanto la poesia popolare sappia raggiungere vette altissime.
Dalla collaborazione con Erri De Luca è nato il singolo che ha anticipato il disco “Solo Andata” e per il quale avete realizzato uno splendido videoclip. Come nasce questo brano?
“Solo andata” è un racconto di tanti incontri. Un racconto che parte dalla giornalista salentina Gabriella Della Monaca, che è stata un po’ il “motore” del progetto. È l’incontro di Erri De Luca, mio padre, il Canzoniere, Gabriella, Oh!pen, Alessandro Gassmann, e poi Lecce2019, Amnesty International. La poesia di Erri è di una bellezza sconvolgente, che ridà dignità umana a queste persone che muoiono per mare cercando di arrivare sulle nostre coste. Persone che non devono essere abbandonate, non devono essere lasciate morire, per nessun motivo. Aver partecipato a questo progetto, componendo e suonando la musica di Solo Andata, è motivo di grandissimo orgoglio per noi.
Altra collaborazione importante del disco è quella con il tuo vecchio amico Piers Faccini che co-firma “I Love Italia”, un brano solo in apparenza leggero, ma che mette alla berlina lo stereotipo dell’italiano all’estero visto come spaghetti, pizza e mandolino…
“I love Italia” è un’amara riflessione sull’Italia di oggi. Un paese bellissimo, meraviglioso, che ha bisogno di smettere di lasciarsi passare tutto addosso. Sta a noi italiani cambiare marcia e direzione.
Uno dei momenti più alti del disco è senza dubbio “Taranta”, in cui spicca il pianoforte di Ludovico Einaudi che tra l’altro ha co-firmato con te questo brano, in cui spicca il verso “ci è taranta nu me bbandunare / ci balli sulu nu te puei curare”. C’è ancora bisogno della pizzica pizzica curativa per alleviare il mal di vivere del morso della taranta?
C’è ancora bisogno della pizzica o della danza se le pensiamo come un simbolo. Il simbolo dell’ambizione a recuperare un senso di comunità, della riscoperta della socialità fatta di contatto e condivisione, della forza inarrestabile delle idee e dei sogni. La danza annulla le distanze, è esaltazione della vita.
Altro brano di grande attualità è “No Tap”, una sorta di anthem per il movimento che in Salento si è opposto alla costruzione di un gasdotto…
“No Tap” è un brano di mio padre, che abbiamo voluto fortemente far nostro. È il sarcastico racconto di un moderno cantastorie sul potere e le “sottili” forme del controllo e della corruzione, che prende spunto dalla vicenda del TAP (TransAdriaticPipeline), il gasdotto transnazionale che dovrebbe arrivare in Italia dall’Azerbaigian, passando con il suo tubo “attraverso” le coste adriatiche del Salento. Il nostro è un deciso no.
“Ziccate”, su testo di tuo padre Daniele, è invece la fotografia di coloro che nelle campagne salentine un tempo coltivate dai propri nonni, hanno preferito installare pannelli fotovoltaici per solo profitto…
È la fotografia di chi vende la propria terra senza alcun rispetto né lungimiranza. Ci stiamo avvelenando da soli. I rifiuti sotterrati, l’abbandono delle colture in favore del fotovoltaico, l’uso massiccio di pesticidi sui nostri uliveti per debellare il fantasma della xylella…
Faremo tutto quanto in nostro potere perché si smetta di violentare la nostra terra.
Chiude il disco quel gioiello che è “Respiri”, altro brano di grande spessore cantautorale. Com’è nato questo brano…
Difficile descrivere come nasce una canzone d’amore… L’anno scorso io e Silvia Perrone ci siamo sposati, e “Respiri” l’ho scritta per lei.
Concludendo, come saranno i concerti con i quali porterete sul palco “Quaranta”?
Saranno insieme luce e ombra, intimità e festa. “Quaranta” racconta della crisi del nostro tempo, materiale e di valori, e del suo superamento simbolico.
Canzoniere Grecanico Salentino – Quaranta (Ponderosa Music & Art, 2015)
Dare per scontato le cose con il Canzoniere Grecanico Salentino significa commettere un errore, perché tanto la formazione storica guidata da Daniele Durante, quanto quella più recente sotto la direzione artistica del figlio Mauro, ci hanno insegnato che una delle loro peculiarità è il non essere prevedibili. La dimostrazione di ciò arriva dalla precisa scelta di celebrare i quarant’anni di attività del gruppo con un disco nuovo, e non già con una più semplice raccolta di riletture di brani già incisi in passato, o ancora con edizioni deluxe rimasterizzate di vecchi album. Sarebbe stato tutto troppo facile, e certamente nessuna celebrazione autoreferenziale avrebbe dato ulteriore impulso alla crescita del gruppo. Al contrario il Canzoniere Grecanico Salentino ha intenso rendere omaggio alla sua storia guardando al futuro con “Quaranta”, disco che nel rinnovare l’impegno e l’attivismo sociale della fondatrice Rina Durante, ricontestualizza la tradizione musicale salentina cantando l’inquietudine dei nostri tempi. Inciso in presa diretta, e prodotto dalle mani esperte di Ian Brennan (già al fianco di Bill Frisell, Jovanotti, Lucinda Williams, Tinariwen), il disco è stato realizzato con il sostegno di Puglia Sound Records 2015. I tredici brani dell’album si caratterizzano per la grande cura dei suoni e delle voci, ma soprattutto per l’esaltazione della dimensione di collettivo aperto che il Canzoniere Grecanico Salentino ha assunto negli ultimi anni, come dimostrano le partecipazioni di Erri De Luca nelle vesti di autore, Ludovico Einaudi, Piers Faccini, Fanfara Tirana e Valerio Combass al basso. Sin dal primo ascolto ciò che si averte chiaramente la piena maturazione artistica della nuova formazione del gruppo, ormai consapevole del proprio talento e delle proprie potenzialità tanto destreggiarsi tra brani tradizionali e composizioni originali. Ad aprire il disco è proprio un brano di nuova composizione “Tienime tata”, cantata da Giancarlo Paglialunga, ed in cui la struttura dei canti di lavoro salentini si accompagna ad un testo nel quale emerge il disagio di una generazione costretta ad abbandonare la propria terra alla ricerca di fortuna e lavoro. La trascinante pizzica pizzica in griko “Rirollalà” dal passato delle registrazioni di Lomax ci conduce alla triste attualità del presente con il singolo che ha anticipato l’uscita del disco, “Solo Andata” su testo di Erri De Luca, nel quale viene denunciato il dramma dei migranti che approdano sulle nostre coste a bordo di malsicuri barconi. Il crescendo del brano, accompagnato dalla voce e dal bouzuki di Emanuele Licci, sfociano in un assolo di violino magistrale di Mauro Durante, a cui si accompagna il ritmo incessante dei tamburi a cornice. Se sorprendente è la tarantella sui luoghi comuni dell’italianità visti dall’estero, “I Love Italia”, nata dalla collaborazione con Piers Faccini, la successiva “Ninna Nanna” dal repertorio di dell’ultimo dei Cantori di Carpino, Antonio Piccininno, è un piccolo gioiello che arriva dritta dal progetto speciale “Puglia” realizzato per l’edizione 2013 de La Notte della Taranta, con la voce di Maria Mazzotta e l’organetto di Massimiliano Morabito in grande evidenza. Si prosegue in territori world con “Taranta” scritta ed incisa con Ludovico Einaudi, e caratterizzata da un testo tutto giocato sul parallelo tra i mali di ieri curati dai suonatori delle tarantate, e quelli di oggi. Dal repertorio degli Ucci arriva poi “Mara L’Acqua” che riporta alla luce la dimensione polivocale del canto salentino, mentre la successiva “No Tap”, firmata da Daniele Durante, è un atto di accusa senza mezzi termini sul “tubo del gaz”, il gasdotto che ben presto arriverà a deturpare in maniera irrimediabile la costa salentina. Di grande attualità è anche la successiva “Ziccate” una pizzica incazzata sugli scempi perpetrati nelle campagne salentine. Il tradizionale griko “Pu è rodo t’orio”, interpretato per soli voce e bouzuki da Emanuele Licci, ci conduce verso il finale dove spiccano quella perla che è “Iessi fore” in cui brillano la voce di Maria Mazzotta e i fiati di Giulio Bianco, ma soprattutto l’intensa canzone d’amore “Respiri”, una delle composizioni più belle di sempre di Mauro Durante, che Giancarlo Paglialunga impreziosisce con il timbro personalissimo della sua voce. “Quaranta” è, dunque, un magnifico esempio di come si possa mantenere viva una tradizione musicale antica raccontando ciò che circonda, come quei contadini che nei campi alleviavano con il canto le dure condizioni di lavoro.
Salvatore Esposito